Coaching nella nebbia
Sta per iniziare la nuova edizione della corso di Coaching e ho pensato di chiedere a chi ha partecipato l’anno scorso una testimonianza su “che effetto fa” iniziare una scuola di Coaching (nello specifico quella di Alzaia e della International Association of Coaches).
Il titolo di questo post nasce dai commenti di Giulia, a cui il corso è servito anche a “diradare un po’ la nebbia che aleggia intorno a questa pratica”.
Ecco il suo commento integrale:
“In giro si sentono dire un sacco di cose sul coaching. Gli sportivi hanno un coach, ma anche i professionisti e le casalinghe disperate. Perché? Per alcuni è l’ennesima brutta copia della psicologia, per altri la moderna chiave del successo. Per me, mi sono detta circa un anno fa in questa stessa incerta stagione, forse il coaching potrebbe essere un lavoro. Mi affascinava l’idea di un lavoro che aiutasse le persone a tirar fuori il meglio di sé. Allo stesso tempo, però, mi frenavano i pregiudizi, gli entusiasmi eccessivi e i luoghi comuni di cui sopra, oltre all’evidente ciarlataneria respirata alla presentazione di alcune scuole o associazioni, che promettevano di insegnarmi un lavoro in dieci giorni. Da questo punto di vista, Alzaia mi è sembrata subito diversa. Il primo modulo del suo corso è più breve degli altri, dura “solo” tre giornate. Il tempo giusto, secondo me, per cominciare a capire di cosa parliamo quando parliamo di coaching. La questione viene esaminata da tanti punti di vista. Agli approfondimenti teorici seguono sempre delle prove pratiche, che fanno entrare i partecipanti davvero nel vivo della materia. Com’è finita la storia? Il coaching non è diventato il mio lavoro (ma mai dire mai!). Però, oltre a diradare un po’ la nebbia che aleggia intorno a questa pratica sempre più in voga, devo dire che il corso mi ha fornito diversi spunti interessanti per fare chiarezza tra i miei obiettivi personali e professionali.” Ti interessa il Coaching? Fino al 13 Settembre, iscrizione scontata al primo modulo!.