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Emozioni verso Shanghai

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Mentre scrivo sono in volo per Abu Dhabi da cui prenderò un volo per Shangai dove lunedì pomeriggio terrò un workshop sulle emozioni nei gruppi di lavoro, durante la SCRUM Gathering Conference, dal titolo “Escape top emotional intelligence traps and hack team culture”. Anche se a una parte di me farmi un viaggio di 18 ore per stare tre giorni a Shangai sembra un tantino eccessivo, un’altra parte non vede l’ora di poter lavorare ancora una volta con i partecipanti e dare il suo contributo a cambiare la cultura delle aziende e dei team di sviluppo software. Credo che sia stata questa seconda parte a scegliere il film che mi sono appena visto, ovvero l’ultimo film della Disney dal titolo Inside Out, in uscita in Italia il 16 settembre. Prima di vederlo stavo pensando di scrivere un post sui contenuti del mio workshop, ma adesso, appena asciugate le lacrime e mentre vanno i titoli di coda, non posso far altro che consigliarvi di andare a vederlo appena esce: molto meglio che fare un workshop con me, leggere il mio libro “Il sapore delle emozioni” o studiare intelligenza emotiva con Paul Ekman (che peraltro è stato consulente nella produzione del film).

Nel film si fa (quasi) giustizia della nostra rischiosa preferenza per le emozioni positive e la tristezza finisce per avere un ruolo da protagonista. Rispetto alla felicità a tutti i costi a cui i film Disney ci hanno abituato, qui ci sono più sfumature e quasi (ancora quasi) una piena valorizzazione delle emozioni “negative”. Come forse sa chi mi segue, penso che una delle più grosse iatture della nostra società sia quella di continuare a pensare in termini di emozioni negative o positive. In questo film, il seme del dubbio su questa distinzione manichea si insinua (probabilmente perché in realtà è un film di quei geni della Pixar, John Lasseter in testa). Se volete trovare un buon punto di partenza per occuparvi delle emozioni vostre e degli altri, questo film lo è. Solo punto di partenza, però, ed è questa la ragione dei miei “quasi”:

Innanzitutto il film inizia con una bambina e la prima emozione che viene rappresentata è quella della gioia (e temo che alla nascita l’emozione primaria sia tutto fuorché di Disneyana gioia…); in secondo luogo, le emozioni rappresentate sono la rabbia, la paura, il disgusto, la gioia e la tristezza, come se fossero stati mentali e corporei ben distinti, mentre, ultimamente, anche questa comoda e rassicurante certezza è stata messa in dubbio dalla ricerca scientifica, e non è affatto chiaro se e come le diverse emozioni siano così ben definite.

Naturalmente sarebbe pretendere troppa complessità da un cartone animato, che rimane davvero il miglior punto di partenza per costruire una comprensione delle emozioni utile e sensata, anche fuori dai laboratori della ricerca scientifica, dell’accademia e dagli studi dei professionisti dell’aiuto.

Le lacrime me le sono asciugate, mancano ancora un paio d’ore ad Abu Dhabi. Vediamo qual è il prossimo film che la mia parte emotiva nei confronti delle emozioni mi suggerisce 🙂

David Papini

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