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Cronache dal Bootcamp – Giorno # -1

Cominciano oggi le “Cronache dal Bootcamp” di David Papini, in giro per il mondo e pronto per una nuova avventura. Volete scoprirne di più? Leggete, leggete…

 

londra“Scrivo questo post a Londra, dove faccio tappa per la notte nel mio viaggio di trentuno ore verso Seattle e il mio secondo Bootcamp. Una parte di me si è chiesta, per tutta la settimana scorsa, perché sobbarcarsi un tale sbattimento per partecipare a un corso che potrebbe sembrare un corso qualsiasi di team building: ce ne sono sicuramente di più vicini… Un’altra parte di me, quella che quattro anni fa mi ha fatto partecipare al primo, in una fattoria della Nuova Scozia, sa invece benissimo il perché: vuole farmi partecipare un’altra volta a un’esperienza di lavoro di gruppo di intensità creativa che non ho mai trovato altrove.
Per cinque giorni, lavorerò con un gruppo di semi-sconosciuti (a parte un collega francese incontrato in in Canada al primo Bootcamp) provenienti da varie parti del mondo, per creare, in cinque notti e quattro giorni, il miglior prodotto che riusciremo a concepire. Quale prodotto? Non ne ho idea.
Nei quattro giorni del Bootcamp passeremo dalla definizione di un’idea di prodotto alla sua creazione, in una situazione del tutto analoga a quella di qualsiasi team di sviluppo software (o di qualsiasi altro prodotto di capitale intellettuale) a parte il piccolo particolare che tutto dovrà svolgersi in un arco temporale così ristretto e che i membri del team nella maggior parte dei casi non hanno mai lavorato insieme.
Concepire, progettare e rilasciare un prodotto in meno di una settimana? Se per un attimo ipotizzate che sia possibile, concorderete che serve un team molto rapido ed efficiente per riuscirci. Se aggiungessi che nello stesso periodo di tempo è richiesto, a tutti i membri del team, di concepire, definire e iniziare a realizzare anche i propri obiettivi personali, qualunque essi siano e senza che abbiano attinenza con il prodotto da sviluppare (sulla base del principio che in un gruppo di lavoro tutti devono ottenere quello che vogliono affinché il gruppo ottenga ciò che vuole), probabilmente potreste essere leggermente – e legittimamente – scettici. Non intendo sfidare il vostro scetticismo, anche perché questo è uno di quei casi in cui bisogna provare per credere.
C’è un altro motivo per cui scrivo del Bootcamp ed è che questa volta lo staff del Bootcamp comprende Jim e Michele McCarthy, autori di uno dei libri, che, detto senza enfasi, dieci anni fa ha contribuito a cambiarmi la vita, dando corpo a tante intuizioni e frustrazioni che chiunque abbia fatto un po’ di vita di azienda, conosce bene. Il libro, si chiama Software for Your Head (ne abbiamo parlato già diverse volte su questo sito…) e per la fine di quest’anno vedrà la luce anche in italiano, grazie al lavoro che noi di Alzaia (o meglio Giulia e io) abbiamo fatto per renderlo fruibile anche in italiano. Nonostante siano dieci anni che ci frequentiamo “virtualmente”, questa è la prima occasione che ho di incontrarli personalmente. Chi mi conosce sa che non ho una propensione alla commozione o alle melensaggini (sono fiorentino, più propenso alle parolacce), ma ho la sensazione che martedì alle 8 ora italiana, cinque del pomeriggio a Seattle, mi commuoverò…
Se il lavoro del gruppo me lo permetterà, ho intenzione di tenere un diario di quello che succede in questo team, nella speranza di dare un’idea di che cosa succede in un laboratorio creativo del genere.
Adesso, mezzanotte e mezza ora di Londra, è il caso che vada a dormire, il prossimo post, voli permettendo, sarà da Seattle e conto di presentarvi i membri del mio nuovissimo team di sviluppo.”
 

 

David Papini
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