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Cronache dal Bootcamp, Giorno #1

WP_20150427_19_15_17_ProMartedì 28 Aprile 7am. Atterrato sano e salvo. All’aeroporto viene a prendermi Tolga, membro del team, origine turca, vent’anni negli USA. Nei quarantacinque minuti di strada che ci separano dal luogo del Bootcamp, recupero parte del tempo perduto: in effetti i lavori sono iniziati domenica sera, per cui i miei compagni sono già all’opera da un giorno intero.
In ogni Bootcamp la prima attività che si svolge  è l’allineamento personale, in cui ciascuno dei partecipanti decide, con l’aiuto di un altro, che cosa vuole ottenere veramente dal Bootcamp (e dalla propria vita in genere) e come si impegna a farlo. Ogni impegno personale viene dichiarato apertamente e ogni partecipante stabilisce un sistema per segnalare agli altri quando ha bisogno di aiuto per portare avanti i suoi impegni.
Una delle caratteristiche del Bootcamp è che funziona su molti livelli contemporaneamente: c’è il livello della simulazione in cui il team lavora al prodotto, il livello di analisi di come sta andando il corso, chiamato “pause mode” e il livello del management intermedio (ovvero il team nel team).
Nel corso della la mattina abbiamo avuto il secondo incontro (primo per me) con i manager del progetto (chiamati in gergo Black Hats) per l’aggiornamento sullo stato di avanzamento dei lavori. Subito dopo, c’è stato l’incontro con il team di management intermedio, che ha il compito di aiutare il team di progetto a creare il miglior prodotto possibile.
A metà pomeriggio si è svolta la cerimonia chiamata web of commitment in cui tutti i partecipanti dichiarano il proprio obiettivo di allineamento personale e il sistema che hanno scelto per chiedere aiuto al team ogni volta che vogliono far pratica del proprio allineamento.

 

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Il sistema per tracciare chi ha investigato chi, nel processo di allineamento.
Qui sotto lo schema dei nostri allineamenti.
Nella colonna “signal”, viene scritto quello che la persona dice, e nella colonna “response” quello che tutto il team si impegna a rispondere.
 
Come si vede dall’ultima riga, il mio signal/response è un misto di due culture molto diverse 🙂
C’è voluto un po’ a insegnare ai miei compagni di corso a pronunciare “maremma maiala”, che ho tradotto con “bloody hell”!

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David Papini

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